Perché urge una comunicazione più chiara sull’olio evo

Negli ultimi mesi, tra crisi dovuta al cambiamento climatico e rialzo dei prezzi, si è parlato moltissimo dei prodotti della filiera alimentare ai quali siamo più abituati.
Uno fra tutti: l’olio extravergine d’oliva, che sta accusando particolarmente l’aumento del costo di vendita.

Ma un altro aspetto che non va sottovalutato è che sono necessari controlli precisi e puntuali e norme chiare su quelli che vengono identificati come “prodotti condimenti”: urge trasparenza per aiutare i consumatori a scegliere consapevolmente.

Con le vendite di olio extravergine d’oliva che nei primi sei mesi del 2023 hanno registrato il -11%, urge una campagna di comunicazione che spieghi agli italiani il valore di un prodotto di qualità finalmente riconosciuto premium e allo stesso tempo occorre incrementare i controlli sui “condimenti”, i nuovi prodotti a basso costo piazzati sugli scaffali frutto di miscelazione tra olio d’oliva e olio di semi o altri oli vegetali.

Ve ne sarete infatti accorti andando al supermercato: offerte di olio evo in formato 3 o 5 litri ma poi leggendo meglio si scopre che non si tratta di olio extravergine d’oliva ma di una miscela di diversi tipi di olio, tra cui anche olio evo, provenienti dall’Unione Europea.

Serve chiarezza, trasparenza e una regolamentazione più chiara.
È quanto ha chiesto il Presidente di Unaprol – Consorzio Olivicolo Italiano, David Granieri, in una lettera indirizzata all’ICQRF e alla Direzione generale della prevenzione e del contrasto alle frodi alimentari del Masaf.
In particolare, Unaprol ha chiesto quali siano i metodi analitici previsti per l’analisi di congruità rispetto a quanto dichiarato in etichetta e l’indicazione precisa di quanto olio extravergine d’oliva è contenuto nei prodotti per dare la possibilità ai consumatori di scegliere consapevolmente.

Ricordiamo che in etichetta devono essere obbligatoriamente le seguenti diciture:

  • Denominazione di vendita
  • Luogo d origine
  • Categoria dell olio
  • Quantità netta
  • Tempo minimo di conservazione
  • Condizioni di conservazione
  • Nome e indirizzo del distributore del prodotto
  • Lotto
  • Dichiarazioni nutrizionali
  • Annata
  • Indicazione ambientali

 

olio evo e distribuzione: vanno inserite delle regole e dei controlli più precisi

“L’olio extravergine d’oliva per tanti anni è stato ingiustamente oggetto di sottocosto o primo prezzo e adesso, finalmente, anche grazie alla congiuntura internazionale che si è creata, non può più essere così – spiega Granieri -. Per questo motivo è stato sdoganato a scaffale questo blend composto da percentuali residuali di olio d’oliva con altri oli vegetali, il “condimento”, per cercare di trovare una merce in grado di attirare l’attenzione dei consumatori ma questo tentativo, senza regolamentazione e controlli, rischia di risultare ingannevole che per chi acquista”.

Il blend scadente è inteso come miscela tra oli extravergini e altri oli vegetali di conseguenza non è un olio extravergine puro: le qualità nutrizionali non potranno mai essere equiparabili.
“L’Icqrf ha già chiarito che questo prodotto deve essere posizionato su scaffali appositi ben distinti dall’extravergine ma è assolutamente necessario un intervento sulla norma per l’etichettatura per garantire trasparenza ai consumatori, oltre che la giusta competizione – continua Granieri -. Ciò che non è verificabile, a nostro parere, non può essere dichiarato e, quindi, non può competere sul mercato alle condizioni attuali”.

I dati sui consumi pro capite annui continuano a dare segnali negativi da anni, con l’Italia che si ferma a poco più di 7,1kg di olio d’oliva per persona, molto distante dagli 11,4 kg pro capite della Spagna e dai 10,3 kg pro capite della Grecia, in netto ribasso rispetto ai consumi dei primi anni 2000 che viaggiavano intorno ai 12 kg pro capite.

“È finalmente finita l’epoca dell’olio di qualità sotto costo, ed è necessario sfruttare questo momento, attraverso opportune campagne di comunicazione e informazione, per far capire quanto sia importante consumare un olio extravergine d’oliva di qualità e quanto sia corretto pagarlo al giusto prezzo, che è quello attuale, per consentire a tutti i protagonisti della filiera di continuare a lavorare con efficacia e serenità per mantenere alta la bandiera della qualità italiana nel mondo”, conclude il Presidente di Unaprol.

 

l'olio extravergine d'oliva va regolamentato

L’olio extravergine d’oliva, come detto e ripetuto tante volte, è un vero e proprio elisir di benessere perciò bisogna rivalutare in modo profondo l’approccio al prodotto per garantirne un posizionamento adeguato sugli scaffali della grande distribuzione.

ASSISTOL, l’Associazione Italiana dell’Industria Olearia, propone infatti un aggiornamento delle norme e delle regole vigenti per riposizionare l’olio evo come un prodotto di tipologia premium.

La necessità nasce in un periodo particolarmente critico in cui il settore si trova a fronteggiare problematiche di produzione: l’olio evo va tutelato e riconosciuto per il suo giusto valore economico e sanitario.

Secondo ASSISTOL questo è il momento storico giusto per riconoscere l’olio extravergine d’oliva come un prodotto pregiato e che non dovrebbe più essere relegato sugli scaffali dei supermercati a fianco a condimenti comuni.

Prezzo dell’olio extravergine d’oliva nel 2024

Per quanto riguarda i prezzi dell’olio e le tendenze del 2024 qualche considerazione.

I prezzi dell’olio sono e saranno più alti rispetto a quanto eravamo abituati: abbiamo pagato per anni l’olio evo di qualità ad un costo troppo basso, è necessaria una campagna di comunicazione che promuova il valore di un prodotto di qualità premium.

Nel 2024 il costo dell’olio evo salirà: i motivi li abbiamo visti più volte e sono dovuti a basse rese e raccolti non buoni per quantità, causati a loro volta dal cambiamento climatico.

I prezzi che vediamo sul mercato sono il risultato della tendenza globale: i magazzini esteri sono scarsi e hanno finito le scorte per l’anno in corso.
Secondo gli ultimi dati i prezzi saliranno di quasi il 50% in Italia per il crollo mondiale della produzione dovuto purtroppo ai cambiamenti climatici che hanno colpito anche gli ulivi e di conseguenza il raccolto mondiale.

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